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Le chiese

 

LA COLLEGIATA
Ubicata nella centralissima piazza della Repubblica e le sue origini si fanno risalire ad un’antica pieve, sorta intorno all’anno 1000. L’attuale struttura a croce latina è stata eseguita negli anni che vanno dal 1743 al 1770 nelle forme derivate dall’architettura del Vanvitelli e il campanile è in stile barocco.  Nella seconda cappella sulla destra si può ammirare la Madonna col Bambino Gesù San Vittore, uno dei due patroni della città, e Santo Stefano, titolare della Chiesa. L’autore è il fiammingo Ernest Van Schayck che la dipinse nel 1609. La prima cappella a destra è dedicata al SS. Crocifisso miracoloso, invocato dai fidardensi durante reale, un Cristo Morto con srti snodabili che viene esposto in occasione della Pasqua.

SAN FRANCESCO
La prima chiesa ed il primo convento che i frati costruirono all’interno del paese risalgono al 1292, periodo in cui San Francesco d’Assisi passò nella Marca per annunciare la pace e la fede. I Francescani si stabilirono a Castelfidardo nel XIII secolo, probabilmente dopo la morte del Santo o l’approvazione della regola da parte di Onorio III. L’edificio si sviluppa su due piani più un seminterrato ed una soffitta, attorno al cortile centrale. Oggi la Chiesa è adibita ad Auditorium pubblico e vi si tengono conferenze e mostre d’arte. 

SANT’AGOSTINO
La chiesa e il convento di S.Agostino si ergono su un poggio ai piedi del centro murato di Castelfidardo. Perticolarmente interessante l’Altare Maggiore in marmi policromi pregiati che è sovrastato da un bassorilievo rappresentante lo Spirito Santo. Nella pala si può ammirare un’Annunciazione.

 


SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA
Di questa piccola chiesa ubicata in pieno centro storico  di fronte a quella di San Francesco, si hanno notizie fin dal 1465. Apparteneva alla confraternita della Misericordia, la quale aveva la cura dell’ospedale che vi era annesso.

MONASTERO DI SAN BENEDETTO
Il 3 Aprile del 1555 il consiglio comunale decise di costruire un monastero nel terziere montebello anche per desiderio degli abitanti del paese. Al monastero è annessa la chiesa di San Benedetto. Al suo interno 14 grandi tele raffiguranti le stazioni della Via Crucis opera recente di alcuni tra i più rappresentativi pittori fidardensi.

SS. ANNUNZIATA
All’interno della Chiesa è conservata una discreta copia dell’”Annunciazione” eseguita da Federico Barocci tra il 1582 – 1584 per la cappella dei duchi di Urbino nella Basilica di Loreto.

Le porte

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PORTA DEL CASSERO
Il terziere del Cassero era la parte più alta del castello cui si accedeva dall’omonima porta attraverso un ponte levatoio.

PORTA VITTORIA
Dopo la porta del Cassero si pensò di costruire una nuova porta che fosse più agevole per il passaggio dei birocci, denominata Porta Vittoria, meglio conosciuta dal popolo come Porta Marina.

PORTA DI SASSO
Al terziere del Varugliano, situato difronte al palazzo comunale, si accedeva attraverso la porta di Sasso, adiacente alle mura del convento di San Francesco.

PORTA DEL SOLE
Era la porta di accesso al quartiere Montebello e ubicata all’inizio di borgo Cialdini ed immette nella parte centrale dell’abitato castellano. La tradizione vuole che questa porta siano transitati nel 1860 i bersaglieri del generale La Marmora che dovevano poi scontrarsi in contrada Montoro con le truppe pontificie e per questa ragione oggi la sua denominazione ufficiale è quella di Porta dei Bersaglieri.

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Il museo Internazionale della Fisarmonica

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Ubicato nel piano seminterrato del palazzo comunale, in suggestivi ambienti seicenteschi, recentemente ampliati, il museo è dedicato allo strumento musicale che ha avuto nella città di Castelfidardo, per oltre un secolo, il maggior centro di produzione.  
Il museo non solo vuole documentare la storia di uno strumento musicale, ma intende anche rendere omaggio alle maestranze ed ai molti imprenditori artigiani ed industriali che con la loro opera hanno contribuito a trasformare culturalmente questa zona delle Marche creando una ricchezza impensabile per una economia che per secoli è rimasta legata all’agricoltura. La realizzazione del museo rappresenta un efficiente mezzo didattico perché dalla semplice osservazione degli strumenti e dei pannelli fotografici, è possibile seguire le fasi evolutive della fisarmonica, la classificazione, i personaggi che hanno ruotato e ruotano intorno ad essa e comprendere un affascinante mondo artigiano intriso di sudore, di orgoglio e di inventiva. 

La collezione è composta da circa 350 esemplari tutti diversi tra loro, compresa la preziosa collezione Giuseppe Panini (l’indimenticato "re" delle figurine, convinto appassionato dello strumento), molti dei quali "pezzi unici" provenienti da ventidue paesi diversi, è affiancata da una tipica bottega artigiana dell’inizio del secolo scorso. Alle pareti, oltre ad una interessantissima documentazione fotografica dal 1890 al 1970, sono state collocate opere di artisti quali Marc Chagall, Tonino Guerra, Silvia Bugari, Rodolfo Gasparri e fedeli riproduzioni pittoriche di Giovanni Boldini, Fernand Leger, Gino Severini. Dislocate inoltre nelle varie sale, opere di scultura di Stefano Pigini, Franco Campanari, Edgardo Mugnoz.
Tra le curiosità sono da citare: una simpaticissima lettera di Federico Fellini, il primo disco registrato con la fisarmonica da Pietro Deiro, la partitura originale di "Adios Nonino" di Astor Piazzolla.

Il Monumento nazionale alla battaglia

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Collocato in prossimità del centro storico sulla collina di Monte Cucco, è stato realizzato in bronzo fuso a cera persa per commemorare il cinquantenario della battaglia del 18 settembre 1860. 

È, nel suo genere, il monumento più imponente tra quelli del territorio italiano. 

L’idea di erigere il monumento fu lanciata nel 1902 ed ebbe un forte sostegno da parte dell’allora sindaco di Castelfidardo Paolo Soprani. 

Fu costituito un comitato (presidente il conte Ernesto Garulli) e fu promossa una sottoscrizione, durata dodici anni, alla quale partecipò anche lo Stato. Nel 1910, sotto il regno di Vittorio Emanuele III, il monumento fu dichiarato di alta riconoscenza nazionale ed inaugurato in forma solenne il 18 settembre 1912.

La gara per la sua realizzazione era stata vinta dallo scultore veneziano Vito Pardo che propose una forma innovativa di scultura, un modo di concepire lo spazio che definiremmo cinematografico per la scelta di porre il condottiero a cavallo sullo stesso piano dei soldati.
l monumento, alto circa 6 metri e lungo 12, poggia su una montagna di 160 mq in massi di travertino bianco di Ascoli che cela, nella parte posteriore, una cripta di stile assiro. Le decorazioni interne sono dei professori Giustini e Sollazzini di Firenze. L’opera muraria, nella quale è incastonata parte del monumento, è del maestro Giordani di Castelfidardo. Le figure dei soldati, massa informe appena abbozzata, diventano sempre più reali e più grandi fino a comporre il soggetto più definito: il generale Cialdini che, a cavallo del suo destriero, indica il nemico incitando i suoi alla carica. Colte nel momento di massimo pathos dell’attacco, le figure dei soldati sono un campionario delle espressioni di dolore, foga e disperazione, caratteristiche di uomini in guerra.
L'imponente gruppo bronzeo è circondato da un grande e rigoglioso parco con tanti e suggestivi angoli di natura (all'epoca della realizzazione, il Ministero dell'Agricoltura fece piantumare la collina con ventimila pini ed abeti). 

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La selva di Castelfidardo

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La Selva di Castelfidardo, sita in località Monte Oro, rappresenta un patrimonio naturale unico in Europa. Questo perchè, rispetto agli altri ecosistemi, possiede notevoli particolarità. 
Ricopre il versante nord del colle di Monte Oro dalla quota 15 metri salendo fino alla sommità a quota 120 slm. 
è caratterizzata da un particolare microclima caldo ed arido nella zona sommitale, più fresco ed umido nella zona inferiore con conseguenti diversità biologiche. 
La Selva è un bosco di caducifoglie sub-mediterranee con alcune impronte di mesofilia dove è possibile delineare almeno cinque orizzonti o strati:  arboreo, arbustivo, erbaceo muscinale e lianoso e che presenta, inoltre, delle particolari cenosi come il Rubio-Carpinetum. 
Questi caratteri ne fanno un bosco “relitto” del tardo Olocene, con un alto grado di evoluzione e complessità. 
Nei secoli passati si procedeva alla ceduazione: il legname veniva utilizzato dalle comunità limitrofe per la costruzione di case, attrezzature, carri e navi ed anche per fare carbone (tracce di carbonaie sono ancora individuabili nel bosco). Offriva inoltre risorse alimentari quali bacche, miele, funghi, erbe medicinali e la possibilità di cacciare.

La Selva e l’area circostante furono teatro dello scontro tra Piemontesi e Pontifici del 18 settembre 1860. 
Oggi è area floristica protetta ai sensi della Legge Regionale 52 del 1974; sito di interesse naturale per la Comunità Europea inserito nel progetto bio-Italy; è classificata dalla Legge n. 1497 come “Bellezza naturale delle Marche”; è inserita nel catalogo delle emergenze botaniche regionali. 
è possibile visitare il bosco percorrendo sentieri tra cui spicca la “via di mezzo”, via principale per cui passavano carri e carrozze.
Una ricca lettiera di foglie morte e copiosi detriti vegetali, vengono trasformati da funghi e batteri (bioriduttori) in una risorsa di humus che garantisce il nutrimento alla vegetazione.
Tra le varie specie presenti, tre tipi di carpino (bianco, nero, orientale), querce (cerro, roverella, farnia) orniello,acero campestre, nocciolo, sorbo, alloro. Troviamo anche stracciabrache o edera spinosa, robbia selvatica, caprifoglio, asparago. Tra le fioriture memorali più vistose orchidee, ciclamini, pervinca e primule. Pressoché ubiquitaria la presenza del pungitopo.
Si possono notare anche molte “acquesantiere” cioè cavità di tronchi che raccolgono acqua piovana offrendo una fonte preziosa di abbeveramento alla fauna del bosco: volpe, tasso, moscardino, faina, quercino, donnola.

Numerosissimi i rappresentanti dell’avi-fauna, mentre tra i rettili si possono incontrare il biacco e l’elegante colubro di Esculapio. Tra i sauri, oltre ai vari tipi di lucertola, la Selva rappresenta la dimora del raro orbettino.

I numeri della Selva
Il patrimonio floristico della Selva è composto da circa 750 entità vegetali,mentre le specie vascolari sono state catalogate in 400 diverse entità. È un patrimonio unico a livello nazionale. Numerose piante vascolari di grande significato biogeografico sopravvivono associate e si riproducono nella Selva come in pochi altri lembi di territorio italiano.
Dal punto di vista litologico l’area è caratterizzata da sedimenti alluvionali per lo più olocenici nell’area pianeggiante, depositi pleistocenici antichi formati da argille marnososabbiose alla base dei rilievi, depositi pleistocenici recenti per lo più sabbiosi nella parte alta. Il paesaggio che circonda la selva è quasi completamente antropizzato.

Attualmente l’area ha continuato inesorabilmente a diminuire di superficie riducendosi a circa 52 ettari.

Curiosità
Tra gli episodi più significativi che hanno coinvolto il bosco, vanno annoverate le ripetute richieste di legname (sempre accolte malvolentieri dai fidardensi) da parte dei funzionari pontifici per l’allestimento di flotte o la costruzione ed il restauro della Basilica di Loreto. Furono proprio gli amministratori della Santa Casa, con successivi acquisti di 314 ettari e conseguenti disboscamenti, a causare la progressiva riduzione della Selva tra il 1500 ed il 1700. Nel 1579, poiché il rigoglioso bosco costituiva un nascondiglio ideale per i briganti, il Governatore di Loreto ne decretò la distruzione che venne evitata per le forti proteste dei fidardensi.

Il Museo del risorgimento 

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Inaugurato nel 1994, è costituito da tre strutture; l’area della battaglia con l’Ossario-Sacrario dei caduti, il Monumento Nazionale delle Marche in onore dei vincitori di Castelfidardo, le sale espositive ospitate nello storico palazzo Ciriaco Mordini.
In queste ultime sono illustrati gli avvenimenti militari - politici e la situazione culturale e sociale del Risorgimento, con particolare riferimento alla battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860. 
La sezione didattica si articola in pannelli espositivi organizzati per temi che presentano gli eventi dell’epoca e la loro evoluzione dall’11 settembre 1860 alla resa di Ancona del 29 settembre successivo. I primi pannelli sono dedicati al territorio marchigiano ed allo Stato Pontificio dell’epoca, nonché all’azione dei corpi volontari del Montefeltro.
Dopo la presentazione del quadro di battaglia e delle lettere diplomatiche che precedettero la dichiarazione di guerra, altri pannelli descrivono le operazioni che hanno interessato Urbino, Pesaro e Fano, oltre alle azioni successive verso Ancona. Vengono poi illustrate le manovre pontificie di radunata e marcia dall’Umbria alle Marche via Colfiorito.
Il cuore della sezione è rappresentato da quattro pannelli che descrivono lo scontro di Castelfidardo con i movimenti dei due eserciti il 18 settembre 1860, dalle ore otto alle dodici, fino alla soluzione del conflitto ed al successivo atto di resa a Villa Musone con capitolazione poi a Recanati. 

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